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COMPENSI DEGLI AMMINISTRATORI DELLE SOCIETÀ A CONTROLLO PUBBLICO

Il compenso degli amministratori delle società, rappresenta un elemento che può incidere sulla gestione della società ovvero sulla corporate governance. Come noto le società a controllo pubblico come definite dall’art. 2, comma 1 lett. b) ed m) del D. Lgs. n. 175/2016 (TUSP) sono regolate dalle norme sulle società contenute nel codice civile e le norme generali di diritto privato salvo che sia diversamente disciplinato dalla legge speciale ex art. 1 comma 3 del TUSP.

 

Diritto al compenso

Nell’ambito civilistico l’art. 2389 c.c. rubricato “Compensi degli amministratori” al comma 1 prevede che i compensi spettanti ai membri del consiglio di amministrazione sono stabiliti all’atto della nomina o dall’assemblea. Tale disposizione deve essere coniugata con l’ultimo periodo del 3° comma “Se lo statuto lo prevede, l’assemblea può determinare un importo complessivo per la remunerazione di tutti gli amministratori, inclusi quelli investiti di particolari cariche”. Dal tenore letterale delle disposizioni citate emerge che per l’attribuzione del compenso ai soggetti investiti di particolari cariche da parte dell’assemblea sia necessario una previsione nello statuto, in caso contrario l’assemblea anche sulla base delle competenze ad essa riservate dall’art. 2364 c.c., determina l’ammontare complessivo dei compensi dell’organo amministrativo privi di particolari incarichi, i quali verranno riconosciuti dallo stesso organo amministrativo come previsto al comma 3 primo periodo “La remunerazione degli amministratori investiti di particolari cariche in conformità dello statuto è stabilita dal consiglio di amministrazione, sentito il parere del collegio sindacale”. In disparte di rileva come la disposizione non fornisca elementi per la determinazione del compenso.

Con riferimento alle società a controllo pubblico, il TUSP prevede all’art. 11 comma 6 “Con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, previo parere delle Commissioni parlamentari competenti, per le società a controllo pubblico sono definiti indicatori dimensionali quantitativi e qualitativi al fine di individuare fino a cinque fasce per la classificazione delle suddette società. […] Per ciascuna fascia è determinato, in proporzione, il limite dei compensi massimi al quale gli organi di dette società devono fare riferimento, secondo criteri oggettivi e trasparenti, per la determinazione del trattamento economico annuo onnicomprensivo da corrispondere agli amministratori, ai titolari e componenti degli organi di controllo, ai dirigenti e ai dipendenti, che non potrà comunque eccedere il limite massimo di euro 240.000 annui al lordo dei contributi previdenziali e assistenziali e degli oneri fiscali a carico del beneficiario, tenuto conto anche dei compensi corrisposti da altre pubbliche amministrazioni o da altre società a controllo pubblico. Le stesse società verificano il rispetto del limite massimo del trattamento economico annuo onnicomprensivo dei propri amministratori e dipendenti fissato con il suddetto decreto. Sono in ogni caso fatte salve le disposizioni legislative e regolamentari che prevedono limiti ai compensi inferiori a quelli previsti dal decreto di cui al presente comma. Il decreto stabilisce altresì i criteri di determinazione della parte variabile della remunerazione, commisurata ai risultati di bilancio raggiunti dalla società nel corso dell’esercizio precedente. In caso di risultati negativi attribuibili alla responsabilità dell’amministratore, la parte variabile non può essere corrisposta”. Il decreto citato ad oggi non è stato ancora emanato è pertanto è previsto un periodo transitorio (art. 11, comma 7 TUSP) il cui limite dei compensi degli organi amministrativi è ancorato a quello individuato dall’art. 4, comma 4 del D.L. 95/2012 decreto ‘‘spending review ’’; tale disposizione prevede tra l’altro “A decorrere dal 1° gennaio 2015, il costo annuale sostenuto per i compensi degli amministratori di tali società, ivi compresa la remunerazione di quelli investiti di particolari cariche, non può superare l’80 per cento del costo complessivamente sostenuto nell’anno 2013”.

La disposizione di natura transitoria dei compensi ha destato nel corso degli anni differenti criticità applicative in ordine a:

  • definizione di costo sostenuto;
  • assenza di costi (poco significativi) relativi agli organi amministrativi nell’esercizio 2013.

I soci pubblici in relazione alle tematiche sopra indicate hanno richiesto pareri consultivi alle competenti sezioni della Corte dei Conti, i cui esiti non sempre sono stati concordanti. Sul punto si evidenziano i recenti sviluppi che si riportano:

  1. Costo sostenuto

In ordine al costo sostenuto dubbi emergevano per le componenti da considerare ai fini del costo e il criterio di contabilizzazione dell’indennità di risultato. Di recente sono intervenuti due contributi chiarificativi ai fini della determinazione della voce di spesa da prendere a base di calcolo del limite previsto dalla disposizione dell’art. 4, comma 4 del D.L. 95/2012 e al criterio di contabilizzazione dell’indennità di risultato, che si riportano:

  1. l’Orientamento ex art. 15, comma 2 del TUSP del 10 giugno 2019 – DIPARTIMENTO DEL TESORO DIREZIONE VIII – STRUTTURA DI MONITORAGGIO E CONTROLLO DELLE PARTECIPAZIONI PUBBLICHE – avente ad oggetto “Il rispetto del limite ai compensi degli amministratori, individuato dall’art. 11, comma 7, del D. Lgs. 19 agosto 2016, n. 175 …” che ha fornito chiarimenti in merito a:
    1. Perimetro soggettivo di applicazione del tetto massimo ai compensi dell’organo amministrativo, rappresentate dalle società a controllo pubblico come definite dall’art. 2, comma 1, lett. m) del TUSP;
    1. Elementi costitutivi del compenso dell’organo amministrativo, che si riportano:

– i compensi, ivi compresa la remunerazione degli amministratori investiti di particolari cariche, al lordo dei contributi previdenziali e assistenziali e degli oneri fiscali a carico del beneficiario;

– gli eventuali emolumenti variabili, quali, a titolo meramente esemplificativo e non esaustivo, i gettoni di presenza ovvero gli emolumenti legati alla performance aziendale, al lordo dei contributi previdenziali e assistenziali e degli oneri fiscali a carico del beneficiario;

– gli eventuali rimborsi spese, determinati in misura forfettaria, che assumono – anche in ragione della continuità dell’erogazione – carattere retributivo, al lordo dei contributi previdenziali e assistenziali e degli oneri fiscali a carico del beneficiario.

  • Sono escluse dal computo i rimborsi spese specificamente documentati, nonché quelli determinati in misura forfettaria ma aventi carattere meramente restitutorio, in relazione all’espletamento di specifici incarichi.
  • Deliberazione n. 47/2021/GEST del 10 maggio 2021 – Corte dei Conti Sezione Regionale di Controllo per il Lazio, che ai fini della contabilizzazione dell’indennità di risultato ha indicato quale criterio da preferire quello di competenza come desumibile dalla deliberazione “Si richiede, inoltre, di continuare a contabilizzare eventuali indennità di risultato secondo il criterio della competenza, ritenuto da questa Sezione maggiormente coerente con il principio del bilancio consolidato”.
  1. Assenza voce di spesa nel 2013

Sulla base del carattere tassativo della normativa transitoria dei compensi degli organi amministrativi, numerose sono state le richieste di pareri consultivi alle competenti sezioni della Corte dei Conti volti a verificare se la norma di cui all’art. 4, comma 4 del D.L. n. 95/2012 sia suscettibile di un minimo di flessibilità in presenza di circostanze di assenza del parametro di riferimento storico 2013, rappresentate da società costituite successivamente o incarichi gestionali svolti a titolo gratuito, risultavano non sostenute spese per organi amministrativi. Sul punto giova segnalare l’atto di indirizzo ex art 154, comma 2 del Tuel fornito dal MEF Ufficio Centrale per la Finanza Locale del 25 giugno 2021 – Osservatorio sulla finanza e la contabilità degli enti locali. Nell’atto di indirizzo vengono richiamate decisioni della Corte dei Conti che hanno affrontate la tematica della mancanza del dato storico, in particolare:

  • la soluzione per la remunerazione è stata riconosciuta con riferimento ad una fattispecie diversa, ma assimilabile alla natura vincolistica di cui all’art. 9, comma 28 del D.L. n. 78/2010, che prevedeva un taglio lineare della spesa analogo a quello analizzato, in ordine all’assenza di spese per lavoro flessibile nell’anno 2009 (cfr. Sez. Aut. Del. N. 1/2017/QMIG);
  • ammissibilità di remunerazione dell’organo amministrativo della società controllata, con un limite alla discrezionalità dell’amministrazione socia nel fissare il compenso tale da non confliggere con la ratio della disciplina di contenimento della spesa (cfr. Sez. Reg. Contr. Veneto del. N. 31/2018/PAR); la decisione citata individua un correttivo, in assenza di emolumenti erogati nel 2013, da individuare a ritroso, l’onere sostenuto nell’ultimo esercizio nel quale risulti presente un esborso a tale titolo e comunque non superiore al limite di spesa di euro 240.000,00 ex art. 11, comma 6 del TUSP.

Nell’atto di indirizzo ex art. 154 sopra richiamato con riferimento al rinvio adoperato dal TUSP all’art. 4, comma 4 del D.L. 95/2012 si rileva la seguente conclusione che si riporta “b) considerata la natura transitoria dell’art. 11, comma 7, d.lgs. 175/2016 e al fine di neutralizzare eventuali anomalie operative connesse alla intrinseca caducità della disposizione e alle specificità del caso concreto, potrebbe essere considerato dall’amministrazione controllante, in presenza di motivate e comprovate esigenze connesse ai principi di ragionevolezza e buon andamento (quali, ad es., la assoluta non significatività del dato relativo al 2013, in virtù delle profonde modificazioni che hanno interessato la società, sì da renderla non assimilabile né paragonabile, strutturalmente e qualitativamente, alla configurazione del 2013) di discostarsi dal dato del 2013 per fare riferimento ad altra annualità, dotata di maggiore significatività e omogeneità, sulla quale applicare la riduzione dell’80% prevista dall’art. 4, comma 4, d.l. 95/2012; ovvero, in caso di indisponibilità del dato relativo al 2013 (per essere la società costituita successivamente) di considerare la possibilità di procedere autonomamente all’individuazione del tetto di spesa, secondo un criterio di stretta necessità”;

L’Amministrazione controllante, nell’applicazione flessibile dell’art. 11, comma 7 del TUSP come indicato al punto b) delle conclusioni dell’atto di indirizzo citato, ha l’obbligo di assicurare che tale riduzione operata sia  in grado di coniugare gli obiettivi di efficacia, legati al reperimento delle migliori professionalità, con gli obiettivi di economicità e contenimento della spesa e che risulti adeguato, alla stregua di un criterio di stretta necessità, anche considerando realtà societarie proficue di dimensioni analoghe, rimanendo in ogni caso invalicabile la soglia di euro 240.000,00 ex art. 11, comma 6 del TUSP.

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